domenica 28 febbraio 2016

TUTTE LE FOTO DELL'ESCURSIONE ALLA GROTTA AZZURRA






in collaborazione 



con il patrocinio del Comune di Duino Aurisina

 all'interno del progetto



Ritrovo ore 09.00 nella Piazza del Villaggio del Pescatore








LA GROTTA AZZURRA DI SAMATORZA

di Roberto Todero
La Grotta Azzurra di Samatorza è descritta nell’opera 2000 Grotte di Bertarelli e Boegan, edita nell’anno 1926 per conto del Touring Club Italiano e della Società Alpina delle Giulie con queste parole: «caverna presso Samatorza – nome indigeno Pecina na leskoucah – … Quota ingresso m. 270 – Prof. m. 42 – Lungh. totale m. 216 … Letteratura: bollettino Società Adriatica di Scienze Naturali Trieste, vol. XIII, 1891; Marchesetti, Atti del Museo Civico di Storia Naturale IX (v. II n. serie) 1895, pag. 249; Moser L. K., Der Karst, ecc., Trieste, 1900. – Durante la guerra fu utilizzata come riserva d’acqua». Poche note per questa famosa cavità facilmente visitabile da chiunque dato che la discesa, possibile sul sentiero di guerra almeno fino agli anni Sessanta del secolo scorso, si compie oggi parzialmente sulla maceria che dall’ingresso accompagna il visitatore fino all’ampio spiazzo dove la caverna sembra terminare; in realtà c’è ancora un ramo, leggermente ascendente e scomodo da percorrere. Nota a escursionisti e speleologi con il nome di Grotta Azzurra di Samatorza, nome attribuitole da Carlo Marchesetti per il fatto che giunti sul fondo è ancora possibile vedere il colore del cielo, porta il numero 34 del Catasto Regionale e il numero 257 VG del catasto locale. Accatastata nel gennaio del 1969, la caverna fu indagata più volte nel tempo, a cominciare dal Moser che effettuò degli scavi già nel 1892. È ormai dimostrato che essa venne usata sin da epoca preistorica, mentre nella zona dell’ingresso si stabilì una nutrita comunità addirittura per qualche millennio. Citata nel 1909 nella Guida dei dintorni di Trieste della Società Alpina delle Giulie, prefazione di Silvio Benco, con le parole «chiamata dal dottor Machesetti la “grotta azzurra” nella quale egli scoprì, in varie riprese, importanti oggetti dell’epoca neolitica», è invece completamente ignorata da una successiva guida, sempre della Società Alpina delle Giulie (SAG) dal titolo Itinerario di escursioni e salite ne’ dintorni di Trieste. Una nota: il ritrovo per diverse di queste escursioni è posto in Piazza della Caserma, l’attuale piazza Oberdan. Ritroviamo la grotta azzurra in una guida della SAG del 1921, firmata da Nicolò Cobol: terre appena “redente”; in questa guida infatti svariate escursioni partono da Piazza Oberdan, già della Caserma. Il terreno rimane però lo stesso, così… sul versante sud-ovest del monte (S. Leonardo, n.d.a.) esiste una grotta che il Marchesetti chiama la grotta azzurra nella quale vennero scoperti oggetti dell’epoca neolitica… La guida, redenta pur essa, battezza Samatorca come Samatorizza, creazione che per fortuna non ha avuto seguito nella toponomastica locale.
La successiva guida della SAG a cura di Gustavo Cumin pubblicata nel 1919 (VII) dedica alla grotta qualche riga, ma più ancora una nota di guerra, presente in quasi tutte le successive pubblicazioni: «ad ovest di Samatorza a circa un chilometro si apre la Grotta Azzurra dove si rinvennero numerosi oggetti neolitici, la grotta venne utilizzata durante la guerra per riserva d’acqua…». Nonostante la presenza del numero romano VII, anno dell’era fascista, è scomparso l’orrendo toponimo Samatorizza; non si dice però quale esercito fruisse della citata riserva d’acqua. Nel secondo dopo guerra sarà Tullio Catalan, nel suo sin troppo poetico volumetto Le meraviglie del Carso a ricordarci come «le caverne che sono state abitate dai primi uomini (trogloditi o cavernicoli) sono: la Grotta Azzurra di Samatorza», cui segue poi un elenco. Dobbiamo però arrivare agli anni Sessanta per trovare delle note finalmente complete su di questa cavità ed il suo uso nel corso della prima guerra mondiale; sarà ancora una volta la SAG che pubblicherà la Guida dei dintorni di Trieste a cura di Carlo Chersi: «a ovest di Samatorza, circa 1 km. dall’abitato, nella “Leskovska Dolina” (vallecola dei noccioli) si apre la GROTTA AZZURRA di Samatorza (n.257 del Catasto Grotte), descritta per la prima volta dal dott. Carlo Marchesetti, dove sono stati trovati numerosi oggetti dell’epoca neolitica e vari esemplari di fauna fossile. La grotta, utilizzata durante la prima guerra mondiale dagli austriaci quale ricovero per 500 uomini e quale riserva di acqua presenta un gioco di luci: dal fondo della maggior sala sotterranea, attraverso la stretta apertura dell’ingresso, si scorge un breve tratto di cielo; un esile raggio di luce arriva fino al fondo». Finalmente sappiamo chi creò la vasca e la condotta idrica ancora presenti e funzionanti nel lato sinistro della galleria di accesso: l’esercito austro ungarico. Beram, Bock, Trieb, sono nomi oggi quasi dimenticati, ma furono loro a lavorare in silenzio per lo studio e l’utilizzo della cavità naturali a fini militari; a Bock si deve lo studio La tecnica e la guerra mondiale ed è quasi certa l’attribuzione di un manuale militare dell’epoca a questo ufficiale: Der Kavernenbau, edito dalla v Armata austroungarica, l’Isonzo Armee, manuale che raccoglie le esperienze fatte dando ogni genere di disposizioni per i lavori di scavo e adattamento di grotte. Trieb fu il creatore – tra le altre cose – del Nanos Wasserleitung, l’acquedotto militare che, captando l’acqua ai piedi del monte Nanos, raggiungeva l’altopiano di Comeno-Komen. Oggi come cento anni orsono nella grotta azzurra di Samatorza l’acqua dello stillicidio viene convogliata verso la grande vasca in cemento che è ornata, nella parte superiore del muro di contenimento dalla scritta: «Erbaut 10/7 1917 von Herrn Oblt. H. Bock» (costruita il 10 luglio 1917 dal signor tenente H. Bock).

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